Gianluca Grignani: “L’amore del pubblico è la mia rivoluzione”

Ci sono album che non hanno tempo, rimangono indelebili nella storia della musica. Come è successo a “La Fabbrica di Plastica” di Gianluca Grignani.

Dopo oltre 25 anni dalla sua pubblicazione, l’atto di “rivoluzione” del cantante milanese continua ad essere fonte d’ispirazione anche per gli artisti delle nuove generazioni.

Gianluca Grignani per ringraziare il pubblico che l’ha sostenuto nella sua avventura musicale si esibirà il prossimo 16 ottobre nello speciale live al Fabrique di Milano “La Fabbrica di Plastica and Only the best”.

Noi di Bellacanzone abbiamo intervistato il cantante per parlare di questo anniversario e molto altro.

“La Fabbrica di Plastica” compie 25 anni e hai deciso di festeggiarlo con un concerto ideato a misura di fans. Raccontaci, cosa dobbiamo aspettarci da questo evento?

Ho avuto una grande attenzione per quello che è importante al fine di realizzare un concerto nel modo migliore: i musicisti, l’atteggiamento che bisogna avere quando si prova, le luci, lo staff che ho personalmente scelto. Non so cosa dovete aspettarvi, perché molto dipende da quello che succede. Se tecnicamente le cose vanno bene, il concerto è da 110 e lode.

Il secondo album nella carriera di un cantante è sempre quello più atteso dalla critica…tu gli hai dato pane per i loro denti. A distanza di tanti anni, sceglieresti ancora di seguire la strada più difficile dando in pasto quel ragazzo alla critica

Non è la critica che mi preoccupa. Se avessi avuto la certezza che le persone avrebbero compreso la mia personalità, sarei stato molto più socievole fin da subito con la gente e avrei avuto meno paura della gente rispetto a quella che avevo dei media.

Sarebbe stato quindi più semplice comprendermi, ma soprattutto avrei usato le astuzie necessarie, non solo per fare la musica che volevo, ma anche per fare sì che la casa discografica non mi utilizzasse come volevano loro. Ma la rivoluzione, in positivo, porta cose che prima non c’erano e non si fa da sé.

Qualcuno da fuori mi ha dato una mano? Sì, chissà quanta gente da sotto il palco, eppure non li conoscevo di persona. Dentro qualcuno mi ha dato una mano? Non me ne ricordo uno. Anzi, solo Naco, il percussionista al quale sarà dedicato questo concerto, che per primo, quando stavo facendo quel disco, mi disse “Stai facendo un disco della Madonna!”. Dopo di lui, John Leckie, che ha masterizzato “La Fabbrica di Plastica” ad Abbey Road.

Pensi che se questo lavoro fosse uscito in questo momento storico, dove grazie alla rete un artista può esprimersi liberamente, avrebbe avuto un altro tipo di accoglienza?

Non lo so, perché non ho deciso niente. È la gente che decide. Quello che so è che io ci sarei stato allora come ci sono adesso. Oggi sono più figlio dei tempi che corrono. Ecco perché potete chiamare la mia musica “rivoluzione”, perché non è la mia, ma è frutto della decisione della gente. Allora non mi voleva nessuno, eppure c’ero. Oggi mi vogliono tutti. Ma non provo rancore, non mi interessa. I primi che mi volevano erano i media per usarmi e non mi facevo usare.

Tra gli artisti di oggi rivedi in qualcuno quel tuo coraggio di andare oltre il facile successo e le volontà del mercato discografico?

È praticamente impossibile, perché oggi tutti gli artisti che escono lo fanno con un certo atteggiamento. Si può essere stupidi, ed io non ero stupido, poi si può dire che ero incosciente, che ero un ragazzino.

La realtà dei fatti credo che rimanga in persone come Blanco, Irama, Rkomi, Gué Pequeno, Lazza, perché sanno esistere. Non sono solo quello che probabilmente la musica di oggi tende a promuovere.

Ad esempio, Rkomi è rock, ha i suoi motivi per esserlo e si avverte. Irama, invece, è un artista internazionale che paragono a Ramazzotti. Blanco non esisteva prima e per questo, per me, è una rivoluzione, mi ci rivedo molto in lui. Gué Pequeno è un artista con il quale collaborerei soltanto perché la sua forma d’arte è identica a lui e quello che lui fa è reale.

Ph. Daniele Cardone
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Restando in tema di celebrazioni, a Sanremo 2022 sei stato protagonista con Irama nella serata delle cover con “La mia storia tra le dita”. Come è avvenuto questo incontro?

Allora, nel mio caso specifico non ci sono cose programmate. L’unico programma che avevo era di tornare a fare musica sapendo di aver messo volutamente la mia strada in salita, ma che la gente avrebbe compreso quello che facevo perché la musica avrebbe parlato per me.

Non pensavo che un’apparizione a Sanremo, così veloce e accaduta soltanto perché conoscevo Irama e ci siamo trovati davvero bene insieme, suscitasse tutto questo scalpore e tutta questa velocità di parola che ha conquistato anche me. Mi ha fatto capire che probabilmente il mio atteggiamento ha funzionato diecimila volte di più di quello che pensassi.

Per questo devo ringraziare Amadeus, ma devo ringraziare molto Irama, Blanco, le persone che lavorano con lui, e soprattutto quella donna che sotto il palco alzava così tanto le braccia e non potevo non andare da lei!

Amadeus ti ha voluto anche come ospite a “Arena Suzuki”. Ti piacerebbe ricevere da lui, in qualità di direttore artistico, un invito tra i Big di Sanremo 2023?

Per me Amadeus, dopo Pippo Baudo, concedetemelo, è il più grande organizzatore e presentatore che intelligentemente assembra tutto quanto. Credo che, se mi piacesse o meno, non dipenderebbe dalla mia partecipazione, sarebbe comunque un grande Sanremo.

Però è anche vero che Amadeus può chiedermi quello che vuole e sarebbe l’unico che prenderei in considerazione in questo momento. Ma ai posteri l’ardua sentenza.