Evelina: “L’arte appartiene a chi la riceve e non a chi la fa”

Intervista a Evelina progetto dalle mille sfaccettature che invita ad andare oltre le apparenze e a cogliere l'essenza delle cose.

Un progetto anonimo, senza genere ma fatto solo da anime che attraverso l’arte vogliono trasmettere emozioni. Questo è Evelina, progetto artistico anonimo e queer che propone di andare oltre i confini e l’apparenza per provare a lasciar spazio unicamente alla musica, alle visioni e alle parole. Noi abbiamo intervistato Evelina, ecco cosa ci ha raccontato.

Partiamo dal progetto ambizioso e coraggioso allo stesso tempo, come nasce?

Speriamo che possa dimostrarsi coraggioso! Questo progetto ha una gestazione di 7 anni e nasce da tre persone. È un lavoro collettivo che riguarda anche altre arti e non solo la musica ma anche l’arte visiva.Tutto viene curato come una parte importante e non semplicemente a supporto di qualcosa. Vuole essere una sorta di opera totale che tocca più arti insieme. L’anonimato puro alla “Liberato” non ce lo vogliamo e possiamo permettere. Per noi era fondamentale fare un passo indietro per far avanzare la musica e il messaggio. Non serve un viso o un personaggio per divulgare contenuti e noi lo abbiamo fatto in modo un po’ pazzerello (ride). L’arte non appartiene a chi la fa ma a chi la riceve. L’elemento queer è fondamentale perché è un modo per oltrepassare le difficoltà e le definizioni.

Evelina chi è?

Evelina è la mia parte femminile che ha assunto questo nome in modo casuale. Ho puntato il dito su un elenco di nomi ed è uscito “Evelina”. Però avevo la necessità di prendere un’identità per l’espressione dell’arte.

La musica si descrive sempre come libera e senza preconcetti, è davvero così secondo te?

In passato c’era un’idea di indipendenza nella cultura che era idea di libertà e aveva bisogno del mercato ma nasceva dalla profonda necessità di dire qualcosa. Oggi è più difficile essere indipendenti rispetto a 20/30 anni fa perché limitata dalle condizioni di mercato. Oggi ci si deve chiedere “fino a che punto voglio essere libero? Cosa devo rischiare per esserlo? E quanto essere libero può essere un limite per la mia arte”? Per rivendicare l’arte si rischia di diventare indigesti al giorno d’oggi ma noi proviamo ad essere liberi e siamo profondamente pop per raggiungere gli altri. La nostra sfida è l’indipendenza e crediamo nella possibilità di essere liberi.

Raccontaci il processo creativo di “Marta D”

Marta D è la storia di un conflitto interiore, la D è qualunque cosa affligge le nostre anime. Parla molto di quello che sarà poi il concept album che ruota intorno ai temi toccati da questo brano. Marta non è una persona reale ma è dentro ognuno di noi. È la forza che ci spinge verso il basso contro cui combattiamo.

Sull’album puoi anticiparci qualcosa?

Si, i tempi sono lunghissimi perché è tutto molto meditato e vogliamo portarlo anche live. Magari sarà più un lavoro teatrale più che un lavoro da club. Essendo un concept vogliamo dargli una dimensione teatrale però non posso dire di più! I brani sono frutto di un’archeologia del tempo e dello spazio e Marta ha una musica nata moltissimo tempo fa ma un testo più recente. Noi stratifichiamo la scrittura, come se fosse un mobile d’artigianato dove tutto viene costruito con calma e pazienza. I testi sono stati visti come se fossero poesie indipendentemente dalla musica.