Niccolò Fabi torna a parlare di sé e dell'”altro” in “Tradizione e tradimento”

Niccolò Fabi torna a parlare di sé e dell'"altro", dei dubbi e delle contraddizioni di ognuno: ecco la recensione di "Tradizione e tradimento". A 3 anni e mezzo di distanza da “Una somma di piccole cose” Fabi torna con un nuovo album che parla di scelte e che rappresenta esso stesso una scelta: quella di scrivere solo quando si è mossi da una reale ispirazione e necessità.

Un pianoforte che sembra cullarci lentamente, introduce il nuovo album di Niccolò Fabi, Tradizione e Tradimento. “Scotta” è il titolo della prima canzone, la voce calma di Niccolò si aggiunge dopo qualche secondo al pianoforte e in punta di piedi inizia a descrivere con parole semplici immagini sempre intense e mai banali.

Dal terzo minuto arrivano gli altri strumenti e si inizia ad intuire il “tradimento” che caratterizza musicalmente questo disco: suoni meno classici, più elettronici, ma sempre delicati, che perfettamente si incastrano alle note più tradizionali che siamo abituati a sentire nei sui dischi. Infine la tromba che ti lascia dentro un senso di liberazione, come dopo un grande respiro a pieni polmoni.

L’intero album sembra ruotare intorno a due temi principali, il primo è il rapporto con chi ci circonda e Io son l’altro ne è un esempio concreto. In un momento storico, politico e sociale in cui è sempre più difficile riconoscere ciò che è diverso come altra forma di se stessi, Fabi ci invita a riflettere, a metterci nei panni degli altri. “Quelli che vedi sono solo i miei vestiti. Adesso facci un giro e poi mi dici”.

La comprensione di chi sembra diverso è un tema a cui il cantautore romano tiene molto, non solo a parole, ma partecipando spesso in prima persona ad azioni umanitarie per aiutare “l’altro”. Non ci stupiamo quindi di ascoltare frasi belle nel nuovo disco, come: “Cominciamo ad insegnare la gentilezza nelle scuole”. Un messaggio profondo nella sua banalità perché la gentilezza spesso è data per scontata.

Il secondo tema molto caro a Niccolò è quello del movimento, inteso anche come cambiamento. La staticità equivale a morire, a perdere il senso della propria esistenza. Così canta in “A prescindere da me“: “Si muore nel rigore, nel movimento assente, nel pensiero senza amore. E io è di questo che ho paura, perché quando mi fermo è arrivata la mia ora”.

Il movimento ritorna anche nel brano cantato con Pier Cortese “I giorni dello smarrimento”. “Sono i giorni dello smarrimento (…), i giorni senza destinazione e senza un movimento”. Una canzone che parla di un disagio comune, quando non si ha una direzione, un’identità, una “stella da seguire”.

La gratitudine verso il movimento emerge anche in “Amori con le ali”, il brano in cui forse si percepisce di più il nuovo sound elettronico di Niccolò, il vero “tradimento” rispetto alla sua “tradizione”. Ma non è sempre facile muoversi, non è sempre facile cambiare direzione perché non è scontato che il nuovo sia la scelta giusta.

Ed è così che con la sua chitarra più classica Niccolò conclude l’album con il brano che gli dà il titolo, esprimendo quel bivio con cui ognuno di noi prima o poi si scontra :“Cosa conservare e cosa cedere? Dopo ogni scelta arriva il conto”.

PH. Ufficio Stampa / Chiara Mirelli