La Bellacanzone della settimana è ”Un fatto tuo personale” di Fulminacci

Ogni mese, ogni settimana, ogni giorno escono nuove canzoni. Ma quante di queste sono realmente belle? Riusciremo a trovarne almeno una a settimana degna di potersi fregiare.

Questa settimana vogliamo confermare quanto già scritto pochi mesi fa del promettente e capace come Fulminacci, talento che sta mantenendo canzone dopo canzone le premesse di un bravo giovanissimo cantautore italiano. In attesa di vederlo a Sanremo nei Big, e aspettando il suo secondo album dopo La vita veramente (ricordiamo, premiato nel 2019 con la targa Tenco come miglior Opera Prima), ci godiamo il nuovo singolo – dopo il precedente CanguroUn fatto tuo personale.

Su una melodia un po’ rappata e un po’ classico-cantautorale, la canzone utilizza nel testo un linguaggio, un gusto e una tecnica davvero notevoli, che ricordano il migliore Daniele Silvestri. Segno che la capitale, città d’origine di entrambi i cantautori appena citati sa ancora dare alla luce e mettere sotto i riflettori personaggi che sanno lasciare il segno. E siamo certi che Fulminacci lo lascerà, forse non con questa bella canzone che stiamo prendendo in esame, ma con una carriera discografica piena di cose interessanti e probabilmente qualche hit azzeccata come fu un tempo Salirò per Silvestri. Un tuo fatto personale apre con una strofa con una sequenza di quattro versi in rima (anche se nel quarto è imperfetta), cosa che si ripeterà nel corso del brano in altre strofe.

E così, mettendo subito le mani avanti, il cantautore esordisce con Scusate ho bisogno di dire quello che penso, scusate se il testo non è poetico e intenso, ma i tempi ci cambiano e cambiano pure il senso di quello che scrivo, che ho scritto e scriverò adesso. E così nella strofa della seconda parte: Scusate ho bisogno di fare quello che sento, scusate se il testo non è da storico esperto. È bello sfruttare la direzione del vento, ma è giusto cambiare la direzione col tempo. Come vedete, con concetti espressi in modo davvero poco scontato.

Come continua a fare con belle metafore e autoironia anche in altri punti della canzone, come E tutti quanti dobbiamo parlare, ma siamo soli in mezzo all’universo, dove si sa che persino chi grida sembra fare silenzio. E anche qui: E tutti quanti dobbiamo sentire, ma cazzo è già scoppiato il putiferio. Da queste parti persino chi canta sembra fare sul serio.

Tutto sfocia in un ritornello in cui Fulminacci inserisce le sue paure e la sua sincerità sociali e personali (come il fatto del titolo) in idee e saper fare davvero interessanti: Ma a me mi fa paura tutto e non lo vedi che divento matto, ma se lo faccio ci sarà un motivo, non sarò solo finché sono vivo. Togliamo il male da quel piedistallo, non evitare mai di nominarlo. E se ti basta un codice morale, diamogli una spolverata: è un po’ vecchiotto e poi somiglia troppo al codice della strada. Questa è la bella canzone di un nuovo cantautore da seguire e tenere d’occhio.