Stragà: “Oggi la gente vive la musica in maniera più superficiale” – Intervista

Stragà è tornato con Guardare fuori, un album intenso e sincero. Il disco è disponibile nei negozi e in digitale (Alman Music/Self). Dieci tracce in cui l’artista si racconta a cuore aperto e si interroga sull’esistenza, sulla forza, sulla debolezza e sulla capacità di affrontare la quotidianità. Tutto in equilibrio tra ironia e profondità.

Intervista

Come nasce questo album?
Nasce inaspettatamente perché è il mio primo album da autore di tutt i testi e le musiche. Ho iniziato a scrivere intorno al 2013 con una certa costanza, così i dieci pezzi di quest’album sono scritti negli ultimi due, tre anni. È un album sicuramente molto autobiografico perché mi sono reso conto che le reali ispirazioni mi sono venute inevitabilmente parlando di cose che mi riguardano. Paure, pensando al primo singolo. Anche le altre sono autobiografiche, sia Debole che Guardare fuori.

Com’è cambiato il tuo modo di lavorare rispetto al passato?
È cambiato totalmente. Nei dischi precedenti ero interprete delle canzoni che cantavo anche se me le attribuivano sempre. Questa è una cosa molto diversa. Mi sento più coinvolto in quello che faccio. Ho vissuto in prima persona tutto, dalla realizzazione delle canzoni, agli arrangiamenti, alla copertina del disco. Sono stato più presente.

Cos’è cambiato della discografia italiana negli ultimi anni?
Ho provato a rispondere già a questa domanda. Ho improvvisato. La risposta più sincera sarebbe Non lo so. Si sentono talmente tante cose. Già se ne sentivano vent’anni fa. Oggi si capisce che è tutto cambiato e che il mondo della discografia gira intorno a dei perni che io non conosco. Penso a mia figlia che ha 14 anni e vedo quello che ascolta. Ho l’impressione non ci sia più il coinvolgimento di un tempo. Ripenso ai dischi che ho consumato quando avevo vent’anni. Oggi da questo punto di vista la gente vive la musica in maniera più superficiale. Basta che ci siano canzoni allegre per ballare.

Tua figlia canta?
Non di fronte a me. Mi dicono che canticchia, ma di fronte a me non ne parla.

E cosa consiglieresti ad un quindicenne che sogna di fare il cantante?
Gli consiglierei di farlo. Sicuramente di ascoltare non soltanto la musica di adesso, ma di andare indietro nel tempo, di spaziare, di trovare quello che gli piace di più. Di appassionarsi ad uno strumento, di fare un gruppo.

Come mai hai scelto proprio Ho esaurito la paura come apripista?
È stato un caso determinato da calcoli che non sarei in grado di ripeterti. Ero indeciso tra la metà dei pezzi. Ho scelto questo, ma avrei potuto sceglierne altri tre allo stesso modo. Questo rispetto ad altri era un po’ più movimentato e lì ho fatto un calcolo in base al periodo in cui sarebbe uscito. D’estate meglio scegliere un brano più brioso.

Com’è nata l’idea del videoclip?
Penso che il trauma del terremoto sia una delle più grandi paure che una persona possa trovare. Quali immagini più del terremoto possono rendere l’idea? Così siamo andati a L’Aquila con una storia ancora ben definita. Consapevoli però che qualsiasi immagine sarebbe andata bene per un messaggio del genere.

C’è un tour in vista?
Ho fatto la presentazione a Bologna con una nuova band. Ci tenuto tanto che il disco fosse suonato, ci fossero tutti gli strumenti, allora dal vivo ho creato una band per riprodurlo, lasciando grande spazio ai musicisti. Quello che conto di fare è di andare a suonare il più possibile.