Renato Zero presenta Zerosettanta - Volume Due: "Ultimo e Diodato potrebbero essere i miei eredi", ecco cosa ha dichiarato l'artista durante la conferenza stampa di presentazione su Zoom.
Esce il 30 ottobre “ZEROSETTANTA – VOLUME DUE”, il secondo capitolo della trilogia che Renato Zero, 50 milioni di dischi venduti all’attivo, ha inaugurato a partire dal giorno del suo settantesimo compleanno, il 30 settembre scorso. In un periodo storico dai tratti così atipici “che ci vorrebbe muti ed inamovibili, a subire un silenzio spesso colpevole di autolesionismo”, Zero sceglie di portare avanti un coraggioso percorso in tre album che vuole raccontare tutta la verità sulle sue continue trasformazioni e sul senso del suo continuo cercarsi.
L’artista ha presentato questo lavoro giovedì 29 ottobre 2020 alla stampa virtualmente su Zoom: “La forza di queste opere è soprattutto beneficio per chi le attua. Noi soffriamo di un piccolo egoismo, infatti dobbiamo soddisfare il nostro appetito personale. Queste partiture musicali devono soddisfare la nostra esigenza primaria di condurre sempre il nostro pentagramma, ma non bisogna perdere di vista la coerenza e la passione per raggiungere questi risultati. Quando i brani sono efficaci raggiungono l’anima, assistiamo alla gioia e anche alle lacrime. In questo sono stati molto equo, ho fatto sorridere e piangere. Non mi sono fossilizzato in una categoria di musica specifica”.
Uno Zero tutt’altro che reticente, che in questo secondo disco, imprevedibile e spiazzante come quello che l’ha preceduto e che ha dato il via al progetto, racconta sé stesso attraverso svariati generi musicali, tipologie ritmiche ed armoniche. La cifra ironica ma anche l’estrema sensibilità che da sempre lo contraddistinguono, fanno da fil rouge in un disco che riprende il proponimento iniziato col primo: dire, anziché tacere. Dare, invece di accumulare.
Siamo rimasti colpiti dalla canzone “Troppi cantanti, pochi contanti“: “C’è questa esortazione a fermarsi a riflettere un po’ sulla scelta di fare l’artista, il musicista o il compositore. La sovrappopolazione di artisti non arriva in un momento incoraggiante. Il pensiero di far parte di una categoria deve essere supportato dalla convinzione di avere le carte in regola per affrontare il microfono, la telecamera o il palcoscenico. Il discografico vuole far correre tutti e 20 i cavalli, perché la somma gli dà il fatturato. Non gliene frega niente se il ragazzo resta deluso e gli rimane il fardello di non essere stato avvisato delle controindicazioni del fallimento. Fallire a 20 anni potrebbe essere pericolo. Il mio è un discorso di padre, un amico di 70 anni che ha visto tante ingiustizie. Ragazzi, mettetevi l’armatura, cercate di proteggervi. Questo si fa con lo studio, con il sacrificio, con un senso di autocritica”.
E allora chi potrebbe essere il suo erede? “Spero che non esista un mio erede, ma tanti miei eredi. Le radio dovrebbero riproporre queste grandi pagine di musica, invece dello scarto di tanti Paesi come l’Inghilterra e l’America. Dobbiamo sostenere il nostro patrimonio musicale e di bellezza. Ripartirei da questo. Dalla consapevolezza che se non riproponiamo questi modelli rischiamo di perdere la nostra identità. Spero che il mio ‘erede’ sia una persona che faccia gli stessi sacrifici che faccio io. Per questo esigo rispetto, non voglio essere sostituito da un pressapochista. Qualche nome? Ultimo e anche Diodato”.